August 2013

A Torino il 17 ottobre la XIV Conferenza Annuale sulla Buona Produttività

Categories: Innovations | Posted by: Gabriele Caragnano

Il potenziale esplosivo delle PMI italiane

A Torino il 17 ottobre la XIV conferenza annuale della Fondazione ERGO-MTM Italia

Con esponenti del mondo dell’impresa, del sindacato e della ricerca

Varese, 19 agosto 2013 – “Misurare, cambiare, migliorare: come far emergere il potenziale esplosivo delle PMI italiane” è il titolo della XIV edizione della Conferenza Annuale organizzata dalla Fondazione ERGO-MTM Italia, in programma il 17 ottobre a Torino, presso il Centro Congressi Unione Industriali. La Fondazione Ergo-MTM Italia è l’ente che riunisce imprese, sindacati e università in un progetto di ricerca, formazione e certificazione dei sistemi di misurazione del lavoro e del controllo dei carichi biomeccanici. La Fondazione è un centro di aggregazione improntato all’assoluta neutralità nelle relazioni tra impresa e sindacato con l’obiettivo di armonizzare produttività e sicurezza sul lavoro.

La conferenza intende proporre a imprenditori e manager direzioni concrete per migliorare la competitività aziendale, anche attraverso case history di successo. Grazie all’analisi della Buona Produttività nelle PMI e dei vincoli che ne impediscono la diffusione, l’obiettivo è di supportare le aziende nella definizione della strategia più efficace per migliorare l’organizzazione industriale, attraverso un metodo affidabile per valutare e misurare i mezzi a disposizione, le risorse e i processi interni a un’azienda. L’idea alla base è quella di evolvere i metodi di lavoro affinché l’energia umana sia fortemente concentrata sulla produzione di beni o servizi nel pieno rispetto della dignità e della sicurezza dei lavoratori.

Oltre al Direttore Generale della Fondazione Gabriele Caragnano, il cui intervento sarà centrato su come fare emergere il potenziale esplosivo delle PMI italiane, alla conferenza interverranno Giuseppe Roma, Direttore Generale Censis, che analizzerà i fattori critici e di successo della PMI italiana negli ultimi 10 anni,  Franco Mosconi, Prof. associato di Economia Industriale all’Università di Parma, sulla nuova progettualità dei distretti industriali per promuovere lo sviluppo economico. Concluderanno la mattinata gli interventi centrati sull’analisi della produttività dal punto di vista di attenti osservatori come il giornalista economico Dario Di Vico del Corriere della Sera, il Prof. Giuseppe Berta, Storico dell’economico presso l’Università Bocconi ed esponenti del mondo sindacale come Gianluca Ficco, UILM nazionale e Alberto Cipriani, responsabile FIM Mirafiori.

Nel pomeriggio, il giornalista del Messaggero Diodato Pirone condurrà il dibattito dal titolo “La finestra sul mondo”, che prevede le testimonianze di J. Gravalos, AD di Gravalos SA, sul caso di successo di una piccola azienda manifatturiera spagnola cresciuta con la Buona Produttività e di Giorgio Garimberti, AD di VM Motori, che insieme a Gabriele Caragnano, Associate Partner PwC, porterà il caso di una media azienda manifatturiera italiana in cui sindacati e azienda lavorano insieme per migliorare produttività ed ergonomia.

 

Per ulteriori informazioni:

Segreteria della Fondazione, D.ssa Fabiana Condò: 0332 239979

Ufficio stampa,  Domenico Avolio – Haiku RP – 02 4351 1671 – 334 3557025

LEGGI +

La gestione delle pause è un fatto scientifico

Categories: Science 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Di recente l’argomento pause è diventato degno delle prime pagine dei giornali, soprattutto per il caso “bellico” Fiat – FIOM nato con l’accordo di Pomigliano. L’azienda ha giustificato una riduzione delle pause, sostenendo che grazie all’organizzazione del lavoro la salute dei lavoratori rimane in una zona di sicurezza. La FIOM, per contrastare l’assunzione dell’azienda, ha criticato il modello di organizzazione del lavoro ed in particolare il sistema ERGO-UAS, utilizzato per controllare e contenere i carichi di lavoro.

Vorrei uscire dal campo di battaglia per fornire a tutti i lettori alcuni elementi oggettivi, lasciando a ciascuno il proprio diritto di critica ed interpretazione. Per fare ciò, dovrò necessariamente sfiorare alcuni concetti tecnici di organizzazione del lavoro, con la promessa e l’impegno di non esagerare con concetti astrusi e difficili da comprendere (in caso contrario siamo sempre a disposizione per qualsiasi chiarimento).

Una linea di montaggio, caso più comune di processo ad alta intensità di lavoro manuale, è formata da diverse stazioni di lavoro in cui vengono posizionati gli operatori di linea, che lavorano condividendo il medesimo tempo ciclo, detto anche “cadenza della linea” o, nella più moderna terminologia, “takt del processo”. I tecnici di ingegneria industriale hanno il compito di “riempire” ogni stazione di lavoro con una quantità di lavoro ragionevolmente uguale, in modo da rendere il flusso di montaggio fluido ed equilibrato. Da qui appare evidente la necessità di misurare il lavoro, cosa non facile data la natura molto variegata dello stesso. Lavoro significa esecuzione di un dato compito programmato e necessario per la produzione di un dato componente. Quindi azioni elementari come camminare, prendere e piazzare, allineare, stringere, movimentare attrezzi e strumenti sono solo un esempio di tutto ciò che può essere assegnato ad un operatore di linea. Lo strumento più utilizzato al mondo nel settore automotive per la misurazione del lavoro è UAS, Universal Analyzing System, che consiste in un database di movimenti elementari sufficienti per descrivere qualsiasi operazione manuale di cui è noto un tempo base di riferimento. Tale tempo rappresenta uno standard internazionale sviluppato e gestito da un network di associazioni No-Profit (Associazioni Nazionali MTM – Methods-Time Measurement) dedite alla ricerca e sviluppo di sistemi a tempi predeterminati di misurazione del lavoro (UAS è uno dei sistemi MTM). Il livello di rendimento richiesto al lavoratore per eseguire i compiti assegnati nei tempi previsti da UAS è basato sul concetto di ritmo medio, che può essere mantenuto per l’intera durata del turno di lavoro senza stancarsi da un essere umano allenato, con caratteristiche fisiche normali e ben addestrato.

Negli ultimi dieci anni la ricerca medico scientifica si è concentrata molto sull’aspetto della stanchezza, generata intuitivamente dalla fatica richiesta dall’esecuzione del compito lavorativo assegnato. Appare evidente, infatti, che non può essere sufficiente misurare il tempo di esecuzione “normale” di un singolo movimento per controllare la fatica umana, che è certamente collegata a tutti i compiti lavorativi eseguiti nell’arco della giornata di lavoro. E’ indispensabile aggiungere ulteriori fattori di influenza del carico di lavoro per arrivare ad un modello di misurazione della fatica umana più solido e completo. Pensiamo ad esempio al caso estremo di un sollevamento di un peso di 15 kg da terra e del successivo posizionamento su banco di lavoro. Il sistema UAS fornirebbe le seguenti indicazioni:

 

Piegarsi e rialzarsi da terra                                2,2 sec

Prendere e piazzare oggetto su banco              2,8 sec

Tempo totale del compito                                5,0 sec

 

Se venisse assegnato solo questo compito ad una data stazione di lavoro in una linea di montaggio che avesse una cadenza esattamente uguale a 5 sec, significherebbe per il lavoratore posizionato in questa stazione eseguire questo grave compito per circa 5.000 volte al giorno! E’ chiaro a tutti che questo è impossibile, poiché la situazione è davvero estrema. Nella realtà il processo di assegnazione dei compiti è complesso, poiché il risultato finale deve essere un flusso equilibrato, in cui tutte le stazioni di lavoro hanno pressoché lo stesso carico di lavoro e questo deve essere assolutamente misurato e controllato. Il primo passo è effettivamente quello descritto pocanzi: misurare il lavoro definendo un tempo base di esecuzione di riferimento. Tale tempo, definito appunto “tempo base”, è il tempo che richiederebbe la sequenza di compiti assegnati ad un lavoratore addestrato ed allenato che lavorasse ad un ritmo medio e costante per tutto l’arco della giornata lavorativa senza stancarsi. Il secondo passo è la misurazione della fatica generata dalla stessa sequenza, nell’ipotesi di ripeterla per tutta la giornata lavorativa. Viene introdotto quindi il concetto di carico biomeccanico, ovvero il livello di energia che il fisico del lavoratore deve sopportare nello svolgimento dell’attività. Maggiore è il carico biomeccanico, maggiore è la fatica che il lavoratore deve sopportare. Viene intuitivo a questo punto assumere che sia necessario introdurre un meccanismo di compensazione che riporti la fatica a livelli accettabili e riferibili agli standard internazionali in materia di controllo del carico biomeccanico (in particolare le ISO 11226 e 11228.1/2/3). Tale meccanismo è stato messo a punto in anni di sperimentazioni dalla nostra Fondazione ed ha assunto il nome di ERGO-MTM (ERGO-UAS nel caso Fiat). Il principio alla base di questo modello è quello di dilatare i tempi base di lavoro (misurati con i sistemi MTM) in funzione del livello di carico biomeccanico. Tale grandezza, molto articolata e complessa da determinare, è misurata attraverso l’applicazione del sistema di analisi ergonomica denominato Ergonomic Assessment Work-Sheet (EAWS), che ha il grande pregio di rifarsi agli standard ISO e di rappresentare lo standard più diffuso nel mondo industriale ed in particolare nell’industria automobilistica (oltre che in Fiat EAWS è adottato globalmente in VW). Nel modello ERGO-MTM, le pause sono parte integrante della valutazione complessiva del carico biomeccanico associato ad una data lavorazione. Se aumenta il carico biomeccanico, aumenta la dilatazione dei tempi di lavoro con l’effetto di generare dei periodi di recupero che consentano al lavoratore di rientrare nei limiti di sicurezza. Se forzatamente venisse ridotto il numero delle pause, ciò determinerebbe un aumento del carico biomeccanico (meno riposo = maggior fatica) e di conseguenza dei tempi di lavorazione (in pratica la riduzione delle pause verrebbe compensata con tempi di lavorazione più lunghi). Come si può intuire da questa breve spiegazione, il sistema ERGO-MTM si autoregola. Esso non consente di “giocare coi numeri”, poiché ogni variabile è collegata alle altre in un modello olistico e chiuso.

Alla luce di tutto ciò, appare chiaro che non possono essere imputati al modello ERGO-MTM meriti o colpe nella definizione di orari, turnazioni o regimi di pause, spesso frutto di accordi politico sindacali. Al contrario, l’utilizzo di ERGO-MTM costituisce una garanzia per il lavoratore, che obbliga l’azienda a rispettare limiti chiari e misurati di “consumo energetico”; al tempo stesso rappresenta la certezza per l’azienda di operare secondo standard di rendimento ed efficienza confrontabili con le aziende manifatturiere di tutto il mondo nel pieno rispetto dei vincoli legislativi imposti dal D.lgs 81/2008.

Gabriele Caragnano

Direttore Generale Fondazione Ergo-MTM Italia

______________________________________

Fondazione Ergo-MTM Italia

Sede legale: via Orrigoni 8 | 21100 | Varese

Sede operativa: via Procaccini 10 | 21100 | Varese

Tel.        +39 0332 239 979

www.ergo-mtm.it

LEGGI +

La Fiat serve all’Italia. E l’Italia serve alla Fiat

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano
RICARDO FRANCO LEVI
Corriere della Sera, 09-08-2013
(c) CORRIERE DELLA SERA

«Abbiamo davanti a noi un semestre di fuoco». Parlando in questi termini, pochi giorni fa, agli analisti finanziari, Sergio Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat, non si riferiva alla Fiom di Maurizio Landini e alle relazioni industriali nelle fabbriche italiane del gruppo (e neppure agli scenari politici sotto il sole di Roma), ma solo alla Chrysler, la controllata americana alle prese con una strozzatura nella sua catena di produzione. Ma è bene non farsi distrarre. Le sfide che il gruppo Fiat dovrà affrontare nei prossimi mesi (mesi non anni) riguarderanno tutte, direttamente o indirettamente, anche l’Italia. Guardando alla Chrysler, qualcuno potrebbe anche dire che Marchionne si stia «lamentando del brodo grasso».

I problemi che hanno costretto a limare al ribasso le stime di vendite e di utili per l’anno in corso derivano dalla difficoltà di stare dietro ad una domanda che da quando, nel 2009, la Fiat intervenne a salvare la Chrysler dal fallimento, ha già portato a più che raddoppiare la produzione. Quella di «una macchina industriale sottoposta a un enorme stress» non è per la Fiat né l’unica né la principale partita aperta in terra americana. Resta, infatti, da portare a compimento la conquista di quel 41,5 per cento del capitale della Chrysler che tuttora le manca. Il braccio di ferro con l’azionista di minoranza, il fondo sanitario Veba gestito dai sindacati dell’auto, è ancora in pieno corso e, per quanto l’esito finale della contesa non dovrebbe essere in dubbio, permane l’incertezza dei tempi. E dato che dal possesso della totalità del capitale della Chrysler dipendono necessariamente sia la possibilità per la Fiat di fare ricorso alla liquidità generata dalla casa americana sia, e ancor più, la stessa fusione tra Torino e Detroit, risulta evidente quanto grande sia l’interesse dell’Italia per queste vicende di oltre oceano. Ma poi, nell’agenda Fiat, c’è il grande capitolo che riguarda direttamente l’Italia. Chiamato a rispondere alla crisi che travolgeva le economie, Sergio Marchionne, con il pieno sostegno dell’azionista, ha tirato il freno sugli investimenti in nuovi modelli per il mercato italiano ed europeo sino ad azzerare quel progetto di Fabbrica Italia che lui stesso era andato a illustrare fin dentro alla Camera dei Deputati, abbandonando per un giorno il tradizionale maglione blu per la giacca e la cravatta imposte dalla tradizione parlamentare. Corroborate dalle cifre sulla continua perdita di quote di mercato del gruppo Fiat e dall’ammirazione per i sempre nuovi modelli e per i continui successi delle tedesche Volkswagen, Daimler e Bmw, le critiche al taglio degli investimenti deciso da Marchionne erano state continue e durissime. Col senno di poi, è giusto riconoscere che aveva ragione lui. Il crollo del mercato dell’auto è stato così drammatico e prolungato che gli ingentissimi investimenti necessari per un profondo rinnovamento dei modelli non sarebbero quasi certamente stati premiati da vendite sufficienti ma avrebbero scavato nei conti della Fiat voragini analoghe a quelle che si sono aperte nei bilanci delle francesi Peugeot-Citroen e Renault e della tedesca Opel, costrette a ricorrere all’aiuto le prime due dello Stato francese, la terza della casa madre americana General Motors. I conti dei primi sei mesi dell’anno e che registrano per tutti i produttori risultati finanziari migliori del previsto fanno, tuttavia, pensare che per l’industria europea dell’auto il peggio sia passato. Calcolando il tempo necessario per far arrivare sul mercato un nuovo modello, il momento di tornare ad investire è, dunque, arrivato, anche per la Fiat. Sergio Marchionne ha da tempo elaborato e illustrato una strategia di sviluppo mirata a spostare il gruppo Fiat su modelli più redditizi di quelli, come la Punto, che hanno tradizionalmente costituito il cuore della sua produzione «generalista». Avviato con successo nel campo delle piccole con la «500», straordinario esempio di trasformazione di un’utilitaria in un’auto capace di giustificare un di più di prezzo, il progetto prevede e richiede ora di essere compiutamente realizzato entrando finalmente in diretta concorrenza con le grandi tedesche che hanno sinora dominato incontrastate. È un progetto che porta i nomi della Maserati e, soprattutto, dell’Alfa Romeo. Determinato nel denunciare condizioni industriali che in Italia a suo dire rimangono «impossibili», Sergio Marchionne ha minacciato di spostare fuori dall’Italia la produzione dei prossimi (peraltro ancora indefiniti) modelli dell’Alfa Romeo, avvertendo che la Fiat «ha le alternative per realizzarli ovunque nel mondo». Qui s’innesta il tema delle alleanze internazionali (con una giapponese? Con l’indiana Tata Motors che porterebbe in dote in alto Land Rover e Jaguar e in basso la piccola Nano?), indispensabili per portare la Fiat nel novero dei grandissimi produttori su scala mondiale.

Un’Alfa Romeo prodotta fuori dall’Italia non sarebbe, però, un’autentica Alfa Romeo. Come il «made in Germany» è componente essenziale del prestigio e del successo delle Audi, delle Bmw e delle Mercedes, così il «made in Italy» è elemento costitutivo di quel fascino dell’auto italiana che ha nel mito della Ferrari la sua espressione più alta. Peraltro, senza l’Alfa Romeo, cioè senza gli investimenti del gruppo Fiat, l’Italia rischierebbe grosso. Con l’Inghilterra che, con otto stabilimenti tutti posseduti da compagnie straniere, si è ormai imposta come base di produzione e di esportazione e che nel Royal College of Art di Londra ha la più prestigiosa scuola di design automobilistico su scala mondiale e con la Germania della quale è quasi superfluo parlare, per l’Italia il pericolo di perdere il ruolo di «terra dei motori» è un pericolo concreto. Maranello da sola non può bastare. La Fiat serve all’Italia. E l’Italia serve alla Fiat. Il tempo a disposizione per tradurre queste convergenti necessità in un concreto progetto di sviluppo è limitato. Un «semestre di fuoco»?

LEGGI +

A Bari i motori per le auto elettriche, investimento da 33 milioni per Magneti Marelli

Categories: Innovations, Innovations 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Articolo pubblicato da Repubblica Bari

A Bari si produrranno i motori elettrici per le prossime auto ibride. E ci saranno nuove catene di montaggio per frizioni elettroniche e iniettori benzina. E’ il risultato del contratto di programma approvato venerdì scorso dalla Giunta regionale pugliese, nell’ambito degli aiuti ai programmi di investimento proposti dalle grandi imprese. L’azienda che beneficerà degli aiuti regionali per tutelare e aumentare produzione e occupazione è la Magneti Marelli, società del gruppo Fiat specializzata in componentistica per autoveicoli. L’investimento previsto da Magneti Marelli è di 33 milioni di euro per lo stabilimento di Modugno-Bari: la Regione, tramite il “Titolo VI”, agevolerà il tutto con un contributo di 9,8 milioni di euro. La notizia arriva pochi giorni dopol’inaugurazione a Bari della più estesa rete pubblica del Sud per la ricarica delle auto elettriche.

Le produzioni prevedono una nuova linea di montaggio dedicata al motore elettrico. L’obiettivo finale è l’utilizzo del motore elettrico in associazione con il motore a combustione interna (ibrido), al fine di incrementare le prestazioni della vettura attraverso un lavoro simultaneo fra i due motori. Le vetture potranno marciare con il solo motore elettrico (emissioni zero, anche se per percorsi brevi) e potranno recuperare l’elettricità in frenata, tramite il recupero di energia cinetica per ricaricare le batterie. In più, a Modugno in via delle Ortensie si produrrà la “e-clutch”, una nuova frizione Magneti Marelli che permetterà di migliorare il sistema “stop and start” per ridurre ancora i consumi. Il pedale della frizione diventa così un semplice sensore: un motore elettrico rileva le richieste del guidatore attraverso il pedale elettronico che, aprendo e chiudendo la frizione, è in grado di migliorare la partenza senza grattate o altri problemi al cambio. E-clutch è adattabile a vari modelli di auto, dalle piccole alle medie cilindrate. Nella zona industriale di Bari si costruirà anche un nuovo iniettore benzina IHP3+, ad alta pressione (200 bar contro i 100 di produzione attuale).

La fabbrica barese è specializzata proprio nella produzione di iniettori diesel ed è qui che è nato il “common rail”, diffuso poi in tutto il mondo per i motori a gasolio. L’azienda prevede – per queste tre linee di montaggio – opere murarie e macchinari nuovi. Ci sarà nei capannoni una “camera grigia” (ambiente controllato) di 2.500 mq (più 300mq di servizio) per montare lo statore, del rotatore e del motore elettrico per auto ibride, sia in versione normale che con inverter integrato. Previste anche migliorie di stabilimento: più efficienza per l’area cambi free choice, nuovi servizi per dati informatici e logistica interna. In più i capannoni saranno dotati di pannelli solari sui tetti piani. In mancanza degli incentivi regionali – si legge sulla relazione istruttoria a cura di Puglia Sviluppo – Magneti Marelli avrebbe potuto realizzare gli investimenti per il motore elettrico a Bologna-Crevalcore, per l’E-Clutch a Kechnec in Repubblica Slovacca e per gli iniettori in Brasile (Hortolandia), dove l’azienda possiede già una fabbrica specializzata in iniettori benzina. Proseguono così gli investimenti nel settore automotive, nel distretto barese che produce componentistica per auto ad alta tecnologia, dove – sfruttando le competenze e le propensioni locali – aziende e Regione lavorano in sinergia per sviluppare le fabbriche già esistenti e garantire continuità e lavoro.

LEGGI +

ERGO-UAS e impatto sull’organizzazione del lavoro

Categories: Science, Science 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Alcune pubblicazioni sembrano identificare il modello ERGO-UAS come l’origine di tutti i mali degli stabilimenti FIAT. Il concetto utilizzato è sempre lo stesso: ERGO-UAS aumenta i ritmi di lavoro e genera ulteriori problemi di salute ad una popolazione operaia già afflitta da mille problemi ed in graduale invecchiamento.

In qualità di sviluppatore ed ideatore del modello ERGO-UAS (insieme al collega Ivan Lavatelli) vorrei fornire un’informazione più corretta e in linea con lo spirito di imparzialità che contraddistingue la Fondazione ERGO-MTM Italia. ERGO-UAS è un modello scientifico per il controllo dei carichi di lavoro e della produttività pensato per essere uno strumento equilibratore tra le esigenze di maggior produttività dell’azienda e quelle di maggior protezione della salute dei lavoratori. Nella mia esperienza di ingegnere ricercatore ho appreso subito che per conoscere e controllare un processo è necessario saperlo misurare. Ebbene ERGO-UAS è un modello di misura di grandezze molto importanti e difficili da inquadrare: il lavoro ed il correlato carico di fatica (carico biomeccanico). Le basi di riferimento non sono nostre invenzioni. Vengono utilizzati parametri internazionali descritti da illustri testi di ingegneria industriale, di medicina del lavoro e da norme di standardizzazione ISO.

L’utilizzo serio e sistematico di ERGO-UAS porta a incrementi di produttività nel pieno rispetto dei limiti umani, superando di fatto paradigmi e luoghi comuni che vedono produttività ed ergonomia in netta contrapposizione. Definire, identificare e misurare i fattori di rischio legati ad una lavorazione manuale consente di abbinarvi in modo ottimale una risorsa umana, facendo leva sulle sue capacità lavorative piuttosto che escludendola per le sue limitazioni (caso dei lavoratori RCL, a Ridotte Capacità Lavorative).

Da quando il modello ERGO-UAS è stato adottato dagli stabilimenti FIAT Auto l’attenzione all’organizzazione del lavoro e all’ergonomia è triplicata con effetti evidenti agli occhi di un qualsiasi osservatore: ritmi di lavoro omogenei e basati su valori medi europei, eliminazione graduale di posture scomode, riduzione degli sforzi e migliore distribuzione delle pause. Vedere Pomigliano per credere.

Le polemiche sollevate da molti osservatori inesperti fanno leva sul fatto che rispetto al passato in qualche caso a seguito dell’introduzione del modello ERGO-UAS i ritmi di lavoro sono aumentati e le pause ridotte. Non credo che questo debba essere il punto di discussione. La questione centrale è se l’obiettivo fissato dal nuovo modello di organizzazione del lavoro sia equo o no. Noi abbiamo tutti i fatti, le cifre e le prove che questo livello sia corretto e sicuro e siamo pronti a dimostrarlo a chiunque voglia confrontarsi seriamente sul piano squisitamente tecnico-scientifico. Detto ciò, se la situazione competitiva di partenza è arretrata rispetto al punto posto come obiettivo, è logico e ragionevole attendersi un aumento di tutti quei fattori che limitano la competitività dell’impianto (metodi di lavoro, rendimento ed efficienze), nella piena garanzia che domani si produrrà di più ma in modo più sicuro ed efficace. Questa è la via della buona produttività

 

Gabriele Caragnano

Direttore Generale Fondazione Ergo-MTM Italia

Fondazione Ergo-MTM Italia

Sede legale: via Orrigoni 8 | 21100 | Varese

Sede operativa: via Procaccini 10 | 21100 | Varese

Tel.        +39 0332 239 979

www.ergo-mtm.it

LEGGI +