January 2015

L’editoriale di Gabriele Caragnano

Categories: Innovations 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Sta davvero accadendo qualcosa di importante nella cultura del lavoro in Italia? A giudicare dalla cronaca dell’anno che si è appena concluso mi pare proprio di sì.

Il ballo degli operai della Fiat di Melfi sulle note di Happy ha scatenato come prevedibile reazioni contrastanti, specchio delle divisioni che riemergono ogni volta che nel nostro Paese si parla di occupazione. Come sempre però un’immagine può essere più potente di molte parole e quel video ci dice, come l’amico Diodato Pirone ha sintetizzato efficacemente sulle pagine del Messaggero, che “In Italia esiste un popolo delle fabbriche attivo, non rassegnato, deciso a ribadire che il lavoro italiano non è secondo a nessuno nel mondo”.

Il cambiamento ha bisogno spesso di processi lenti ma la crisi in questi casi può svolgere un importante ruolo di acceleratore delle decisioni. Accade nell’impresa e a quanto pare accade anche nella politica. Il varo del “Jobs Act” è sicuramente uno dei fatti più rilevanti di questo 2014. Al di là delle polemiche strumentali sull’articolo 18, il provvedimento ha il merito di inquadrare il nuovo contratto a tutele crescenti in un contesto di regole chiare che sicuramente ne amplificheranno gli effetti positivi. Le parole di Franco Bentivogli non lasciano dubbi su questo. Commentando l’annuncio di Fiat che prevede 1500 nuovi occupati a Melfi nel 2015, il segretario della FIM CISL parlando del Jobs Act ha detto: “Ora ci aspettiamo che i mezzi d’informazione abbiano il coraggio di riesaminare i giudizi avventati e la disinformazione dilagante completamente slegata dalla realtà”. E rimaniamo quindi alla realtà.

Il 2014 è stato l’anno dell’avvio della produzione a Melfi di Jeep Renegade, un traguardo importante preceduto da un lungo lavoro di preparazione al quale la Fondazione ha contribuito ridisegnando insieme a ingegneri e a operai il sistema di gestione del lavoro in linea. Il 2014 è stato anche l’anno dell’annuncio del ritorno di Prada in Italia, con un piano industriale che prevede l’apertura di quattro nuovi stabilimenti; un bel segnale che ci dice un’altra cosa importante: si può essere un’impresa globale restando (o tornando) in Italia.

Se la crisi ci ha aiutati a ristabilire le priorità e a guardare con più lucidità alla nostra manifattura, la ripresa (che questi segnali sembrano – lo speriamo – preannunciare), dovrà consolidare questi risultati.

Una nuova cultura industriale è dunque possibile e si sta facendo strada con i fatti. Certo restano sul tavolo questioni ancora irrisolte, prima fra tutte quella dell’assenteismo. I dati diffusi da Confindustria sono eloquenti: l’assenteismo nelle aziende associate è al 6,5%, troppo per il secondo paese manifatturiero in Europa. Niente, più di questi numeri, ci ricorda ancora una volta che la buona produttività nasce dal basso e ci conferma quanto possa essere propulsivo il ruolo della nostra Fondazione come luogo ideale di incontro per tutti gli attori del mondo del lavoro: sindacati, imprese, università.

La Fondazione Ergo-MTM Italia, coerentemente con i propri valori, apre il 2015 scommettendo ancora una volta sul futuro della cultura industriale in Italia con un nuovo progetto: il Club della Produttività, un’iniziativa che mira a coinvolgere imprese di ogni settore in un processo di confronto sistematico della propria produttività rispetto a standard internazionalmente riconosciuti. Questo scoprirà molti veli: quelli di chi vuole nascondere gli effetti dei propri errori dietro a fattori macroeconomici; quelli che coprono realtà virtuose e pronte ad accogliere multinazionali straniere nel nostro amato Paese. Ve ne parleremo molto presto.

 

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Fabbriche globali. Un confronto fra Torino e Detroit

Categories: Innovations 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Esce nelle librerie, pubblicato dalla casa editrice Il Mulino, il libro “Fabbriche globali. Un confronto fra Torino e Detroit” di Andrea Signoretti.

Proponiamo una bella recensione fatta dal Prof. Berta sul quotidiano LaRepubblica.

Riportiamo di seguito la Premessa scritta da Gabriele Caragnano, direttore della Fondazione.

 Premessa

Ragionare oggi sul tema dell’organizzazione del lavoro, soprattutto nell’ambito industriale-manifatturiero è strategicamente rilevante, perché è un elemento che va ad impattare sui livelli di produttività, di competitività aziendale e sulla qualità stessa del lavoro degli operai.

A questa sono strettamente connessi molteplici aspetti che vanno dalle scelte e dalla visione del management, all’organizzazione degli stabilimenti fino al modo di lavorare interno alla fabbrica.

Nell’attuale contesto competitivo è importante che ogni azienda e i suoi manager tendano al miglioramento continuo e che siano orientati ad approcciare forme di lavoro nuove e moderne.

Indubbiamente il settore dell’automotive oggi sta radicalmente cambiando il concetto di fabbrica, ha saputo rinnovarsi negli anni. Negli anni 60 visitando uno stabilimento si osservavano operai in tuta blu che lavoravano in ambienti poco curati e studiati, ora non è più così. Oggi alcuni stabilimenti sembrano atelier di alta moda, gli operai sono vestiti di bianco, gli ambienti sono colorati e puliti, il lavoro è organizzato in piccoli gruppi di persone con un team leader…

Questa è la via della buona produttività che apprezzo e a cui tutta l’industria italiana dovrebbe tendere. L’importanza del lavoro dell’uomo all’interno di una qualsiasi realtà industriale è vitale per l’azienda stessa e per questo deve essere valorizzata sotto tutti i punti di vista. Tutto dipende dall’organizzazione del lavoro: da come si progetta il prodotto, a come si sviluppa il processo produttivo; da come si esegue la produzione a come si fornisce l’assistenza post vendita. 

Mi piace sempre ricordare il concetto di Buona Produttività. Buona significa innanzitutto che parte dal basso e la produttività è costruita progettando ogni singola azione, tenendo conto delle capacità umane (velocità, precisione, sforzo, fatica e addestramento) e del contributo di valore che viene generato. Definite e progettate le “buone” azioni, successivamente è essenziale saper comporre il puzzle e integrare ognuna di esse in modo armonioso e sincronizzato per la realizzazione di un flusso produttivo efficiente e sicuro. Tutto ciò non è fantasia ma l’essenza di qualsiasi sistema produttivo World Class, Lean o che dir si voglia (noi italiani amiamo le etichette).

Ciò mette in evidenza l’importante ruolo del lavoratore che sempre più dovrebbe essere visto come fonte di vantaggio competitivo, da coinvolgere e valorizzare.

Questo libro ha un duplice lato interessante: oltre al pregio di confrontare due mondi considerandone anche tutto il contesto sociale, culturale, sindacale, le differenze legate a sistemi di welfare diversi; entra nella fabbrica e ne analizza i processi, le linee, le stazioni di lavoro, le scelte organizzative evidenziando tutti quegli elementi chiave che sono alla base dell’organizzazione del lavoro e sui quali è sempre importante prestare la massima attenzione.

Un libro di indubbio interesse sociale che porta dati ed evidenze intorno al mondo degli operai nelle fabbriche, al loro ruolo, alle loro scelte e al modo di lavorare.

Ricordando ancora una volta che il mancato adeguamento delle strutture organizzative, il limitato coinvolgimento attivo di tutte le risorse umane in azienda può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso di una azienda, voglio evidenziare che il mondo del lavoro del futuro parte proprio da queste analisi e dalla valorizzazione di tutti gli elementi trattati in questo libro.

 

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