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Approfondimento del progetto di ricerca per la validazione del sistema EAWS: perché è importante partecipare

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

Le conoscenze e le capacità da cui si parte

La ricerca scientifica ha portato alla realizzazione di diversi strumenti per la valutazione del rischio biomeccanico applicabili per lo studio del lavoro manuale, alcuni dei quali sono stati sottoposti a specifici percorsi di valutazione in termini di ripetibilità e di validità, cioè della capacità di rivelare e quantificare fattori in grado di provocare un aumento del rischio di sviluppare patologie muscolo scheletriche nei lavoratori esposti. Nonostante profusi sforzi in questo senso sono tuttora presenti ampie lacune nella conoscenza della relazione che lega diversi livelli di intensità di esposizione ai possibili effetti sulla salute.

Per promuovere l’applicazione delle conoscenze oggi disponibili fin dalle prime fasi di progettazione del lavoro, è stato messo a punto un modello che prevede l’applicazione combinata del sistema internazionale MTM (Methods-Time Measurement), sistema standardizzato di progettazione, preventivazione e misurazione del lavoro manuale, e di un metodo di screening per la valutazione del carico fisico legato al lavoro manuale (EAWS – Ergonomic Assessment Work-Sheet). Il modello, che prende il nome di Ergo-MTM, prevede sia la definizione dei tempi base per l’esecuzione di una specifica attività, sia la valutazione del carico fisico ad essa correlato attraverso l’uso del sistema elaborato in ambito del settore automobilistico denominato EAWS. Le criticità ergonomiche rilevate sono utilizzate per modulare i tempi di lavoro attraverso la definizione di fattori di maggiorazione finalizzati a compensare la fatica.

La Fondazione Ergo-MTM Italia supportata dall’equipe di Medicina del Lavoro dell’Università di Bologna (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche) coordinata dal Prof. Francesco Violante e dalla Dott. Roberta Bonfiglioli, insieme ad una equipe di esperti provenienti dal mondo accademico nazionale e internazionale come la Prof.ssa Maria Pia Cavatorta, professore associato del Politecnico di Torino (Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale), il Prof. David Rempel, Direttore del Programma di Ergonomia dell’Università di California a Berkeley e il Prof. Pietro Apostoli – Professore ordinario di Medicina del lavoro, Università degli Studi di Brescia Presidente della Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (S.I.M.L.I.I.) ha avviato uno studio per la validazione del metodo EAWS.

Obiettivi del progetto

Scopo principale del progetto è quello di analizzare la capacità del sistema EAWS di valutare e prevenire i rischi da sovraccarico biomeccanico.

Più nel dettaglio saranno analizzate attività lavorative valutate con il sistema EAWS e perseguiti i seguenti obiettivi:

Obiettivo 1: “Construct validity”

Confrontare il carico biomeccanico (nelle diverse combinazioni di elementi) in attività lavorative valutate mediante EAWS, usando come riferimento un set di metodi di valutazione del rischio tra quelli proposti negli standard CEN – ISO e misure oggettive dei diversi elementi (forza, postura, ripetitività, vibrazioni).

L’ipotesi di studio consiste nella verifica che il carico biomeccanico misurato attraverso EAWS nelle varie sezioni sia congruente con quello dei metodi usati per il confronto (construct validity).

Obiettivo 2: “Predictive validity”

Valutare in un gruppo di lavoratori addetti ad attività manuali progettate sulla base dei risultati del sistema EAWS la prevalenza di manifestazioni di fatica o disturbi muscoloscheletrici transitori (breve termine) e l’incidenza nel tempo di disturbi (I livello) e/o patologie (II livello) a carico dell’apparato muscoloscheletrico (lungo termine).

L’ipotesi di studio consiste nel dimostrare che i lavoratori addetti a compiti manuali progettati secondo i criteri di cui sopra non presentino un significativo aumento del rischio di disturbi e/o patologie a carico dell’apparato muscoloscheletrico (predictive validity).

L’obiettivo di “Predictive validity” può essere perseguito attraverso due possibili livelli di approfondimento.

– I livello: la stima degli effetti sull’apparato muscoloscheletrico si avvale dell’uso di strumenti autosomministrati; le informazioni raccolte, relative a disturbi riferiti dai lavoratori, sono pertanto soggettive.

– II livello: la stima degli effetti sull’apparato muscoloscheletrico si avvale di indagini cliniche e strumentali che permettono al medico di formulare delle diagnosi di malattia o di escludere la loro presenza sulla base dell’insieme di dati soggettivi e oggettivi.

Benefici attesi e sviluppi possibili

Nel breve termine l’analisi dei dati raccolti permetterà di analizzare la capacità del sistema EAWS di rilevare le criticità ergonomiche insite nell’attività. I risultati della valutazione delle richieste fisiche del compito potranno essere utilizzati ad integrazione e aggiornamento del documento di valutazione dei rischi redatto ai sensi del DLgs 81/2008.

Nel medio-lungo periodo sarà possibile valutare la predittività del modello di progettazione adottato al fine di ridurre il rischio di insorgenza di disturbi e/o patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico.

Metodologia e strumenti di lavoro

Disegno dello studio

– Longitudinale prospettico
– Durata minima dello studio 36 mesi per ogni azienda coinvolta
– Alla fine del primo anno sarà possibile avere un primo report dei risultati

Campione di studio

– Il campione sarà selezionato presso aziende dell’industria manifatturiera che si caratterizzano per l’elevato contenuto di lavoro manuale, spesso di natura ripetitiva.
– Saranno esaminati lavoratori addetti ai reparti produttivi che comportano l’esecuzione di attività manuali e un gruppo di controllo composto la lavoratori della stessa azienda che non svolgono compiti manuali.

La Fondazione intende ampliare lo studio coinvolgendo quanto prima altri settori industriali così da aumentare la validità scientifica della ricerca.

Il personale della Fondazione è a disposizione per maggiori informazioni (segreteria@ergo-mtm.it).

 

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Avviato lo studio epidemiologico longitudinale di validazione del sistema EAWS

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

Negli ultimi vent’anni, grazie ad una ricca produzione scientifica è emersa una associazione tra disturbi e patologie muscolo scheletriche e compiti manuali ripetitivi, che richiedono l’assunzione di posture incongrue o l’uso di forza, in mancanza di adeguati periodi di recupero o di un’adeguata distribuzione del lavoro nei diversi segmenti corporei.

La Fondazione Ergo-MTM Italia, in collaborazione con l’Università di Bologna e una equipe di esperti provenienti dal mondo accademico nazionale e internazionale, ha avviato il progetto “Validazione tramite studio epidemiologico longitudinale del sistema EAWS per la valutazione e la prevenzione del rischio da sovraccarico biomeccanico” il cui scopo principale è quello di studiare la capacità del sistema EAWS di valutare e prevenire i rischi da sovraccarico biomeccanico.

Ad oggi nessun metodo utilizzato per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico è stato validato con un progetto simile che mira ad ottenere una reale validità scientifica.

Il progetto ha una durata minima di 3 anni e si propone di monitorare, già dai prossimi mesi, più di 1.000 postazioni operative concentrandosi inizialmente nel settore automobilistico. Si tratta di un settore caratterizzato dall’elevato contenuto di lavoro manuale, spesso di natura ripetitiva, per il quale emerge la necessità di prestare particolare attenzione ai contenuti del compito che, in ragione del raggiungimento di elevati livelli di intensità, durata o frequenza, potrebbero configurare un rischio di natura biomeccanica e condurre all’insorgenza di disturbi o patologie a carico del sistema muscolo scheletrico.

La Fondazione intende ampliare lo studio coinvolgendo quanto prima altri settori industriali.

Il personale della Fondazione è a disposizione per maggiori informazioni (segreteria@ergo-mtm.it).

 

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STABILIMENTI FIAT: MIGLIORANO LE CONDIZIONI DI LAVORO DEI DIPENDENTI

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

Ergonomia e percezione della fatica, ecco che cosa cambia in fabbrica 

Sono stati presentati a Milano pochi giorni fa i risultati della ricerca “Le Persone e la fabbrica” promossa da Fim-Cisl con la collaborazione dei ricercatori del Politecnico di Milano e di Torino. Lo studio, sia per l’esteso campione di lavoratori coinvolti sia per il tema analizzato risulta di fondamentale importanza per l’organizzazione delle fabbriche automobilistiche italiane e straniere. Infatti, non si tratta di una ricerca sul lavoro, ma di una ricerca totalmente focalizzata sul lavoratore e in questo caso specifico sul lavoratore degli stabilimenti Fiat.

Tra gli altri partecipanti al dibattito di presentazione dello studio, alcuni esponenti del mondo Fiat come Luigi Galante (Head of Manufacturing FCA EMEA Region), Luciano Massone (Head of WCM FCA EMEA Region) e Pietro De Biasi (Head of Industrial Relations FCA), gli studenti del Politecnico di Milano e di Torino, Alberto Cipriani e Ferdinando Uliano, segretario nazionale del sindacato FIM Cisl.

Un’importante segnale dal sindacato FIM Cisl, che dopo otto anni dall’introduzione in Italia del nuovo modello di organizzazione WCM (World Class Manufacturing), ha deciso di promuovere una ricerca sugli effetti di questa innovazione.

I numeri della ricerca: 10 focus group, 150 lavoratori, 10 stabilimenti, un questionario veicolato a 5.000 lavoratori in 30 stabilimenti e infine, interviste a manager, tecnici e specialisti. Una vera e propria inchiesta operaia di massa.

Tra i risultati più interessanti spiccano le migliori condizioni di lavoro e l’importanza percepita della progettazione ergonomica della postazione operativa.

La maggior parte dei lavoratori, infatti, affermano che con l’introduzione del WCM sono nettamente migliorati sicurezza, ambiente, pulizia e ordine del posto di lavoro.

Ancora più interessanti i dati emersi da stabilimenti come quello di Pomigliano, dove la maggioranza dei lavoratori ritiene che la progettazione ergonomica dei posti di lavoro sia l’elemento fondamentale per la riduzione della fatica fisica. Questa consapevolezza è espressione del fatto che la persona, sentendosi al centro di un sistema efficiente, è motivato a parteciparvi attivamente.

Di più difficile interpretazione, invece, un altro aspetto trattato nello studio e cioè quello dei tempi di lavoro. In molti casi, la riduzione delle attività non produttive, come ad esempio camminare per cercare un pezzo, è vissuta dai lavoratori come un tempo meno “libero” o più “stressante”. In altri casi c’è la consapevolezza che l’uso di moderne tecnologie e dell’ergonomia ottimizza i tempi riducendo fatica e malattie. 

Questa ricerca rappresenta un segnale di forte rottura con il passato. Per la prima volta è stata riconosciuta l’importanza di organizzare le fabbriche secondo schemi basati su un nuovo senso del lavoro e su una rinnovata importanza del lavoratore stesso. 

La ricerca: I risultati del Questionario a 5000 lavoratori

Gli esiti dei focus group: WCM e partecipazione nel vissuto 

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Il Settore del Bianco - Italia a confronto con i competitor europei

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

Il Centro Studi della Fondazione ERGO-MTM Italia ha pubblicato uno studio analitico sulla situazione competitiva degli stabilimenti italiani nel settore dei grandi elettrodomestici rispetto ai principali competitor europei.

Potete scaricare lo studio ai seguenti link

Ricerca_SettoreBianco_2014

In lingua inglese: Ricerca_SettoreBianco 2014 ENG

La direzione del Centro Studi rimane a disposizione di coloro che volessero approfondire il tema.

Cordialità

Gabriele Caragnano

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Italia sempre più a picco nella classifica della competitività dell’industria europea

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

Anche la Spagna, paese sotto aiuti Ue per le banche e dove la disoccupazione è seconda solo a quella della Grecia, ci ha sorpassato, agganciando il gruppo di testa dei paesi Ue più virtuosi guidato dalla Germania. Il Belpaese sta infatti vivendo quella che Bruxelles, nel rapporto annuale che presenterà domani, non esita a definire una «vera e propria deindustrializzazione». Dal 2007, in periodo pre-crisi, a oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un crollo del 20%, sebbene la quota di valore aggiunto totale nell’economia del manifatturiero resti «leggermente al di sopra della media Ue». Anche sul fronte della competitività in termini di costo del lavoro, in Italia questa «si è erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni». A pesare, secondo l’analisi di Bruxelles, l’aumento del salario lordo nominale combinato con zero crescita della produttività. Anzi, questa è ulteriormente scesa negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2012, solo inItalia, Francia, Finlandia e Lussemburgo. E questo trend avviene a fronte, invece, di un netto miglioramento realizzato dalla Spagna, ma anche da Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro. Madrid, passata alla categoria dei paesi più “virtuosi”, resta però un «caso borderline», tiene a precisare la Commissione, in quanto registra indicatori della competitività molto positivi insieme ad altri negativi. Tra i primi, costi dell’energia più bassi, buone sportazioni, infrastrutture, manodopera qualificata e, appunto, un miglioramento della produttività, mentre tra i secondi rientra una debole capacità d’innovazione e difficili condizioni di accesso al credito. Resta preoccupante, però, anche la fotografia che il rapporto della Commissione scatta a livello Ue: non solo non diminuisce, ma continua a crescere il divario di competitività tra i 28, con i paesi competitivi che lo diventano ancora di più, e quelli già indietro sempre più staccati dal gruppo di testa. Si è insomma bloccato il cosiddetto “processo di convergenza”, per cui gli stati “virtuosi” trainano gli altri verso l’alto in una dinamica di reciproco vantaggio. Tra le cause principali del problema identificate da ruxelles il costo dell’energia, che sta portando alla de-industrializzazione non solo dell’Italia ma dell’intera Ue, ma anche gli investimenti rimasti al palo dallo scoppio della crisi, la difficoltà di accesso al credito e l’inefficienza della pubblica amministrazione.

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La Fiat serve all’Italia. E l’Italia serve alla Fiat

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano
RICARDO FRANCO LEVI
Corriere della Sera, 09-08-2013
(c) CORRIERE DELLA SERA

«Abbiamo davanti a noi un semestre di fuoco». Parlando in questi termini, pochi giorni fa, agli analisti finanziari, Sergio Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat, non si riferiva alla Fiom di Maurizio Landini e alle relazioni industriali nelle fabbriche italiane del gruppo (e neppure agli scenari politici sotto il sole di Roma), ma solo alla Chrysler, la controllata americana alle prese con una strozzatura nella sua catena di produzione. Ma è bene non farsi distrarre. Le sfide che il gruppo Fiat dovrà affrontare nei prossimi mesi (mesi non anni) riguarderanno tutte, direttamente o indirettamente, anche l’Italia. Guardando alla Chrysler, qualcuno potrebbe anche dire che Marchionne si stia «lamentando del brodo grasso».

I problemi che hanno costretto a limare al ribasso le stime di vendite e di utili per l’anno in corso derivano dalla difficoltà di stare dietro ad una domanda che da quando, nel 2009, la Fiat intervenne a salvare la Chrysler dal fallimento, ha già portato a più che raddoppiare la produzione. Quella di «una macchina industriale sottoposta a un enorme stress» non è per la Fiat né l’unica né la principale partita aperta in terra americana. Resta, infatti, da portare a compimento la conquista di quel 41,5 per cento del capitale della Chrysler che tuttora le manca. Il braccio di ferro con l’azionista di minoranza, il fondo sanitario Veba gestito dai sindacati dell’auto, è ancora in pieno corso e, per quanto l’esito finale della contesa non dovrebbe essere in dubbio, permane l’incertezza dei tempi. E dato che dal possesso della totalità del capitale della Chrysler dipendono necessariamente sia la possibilità per la Fiat di fare ricorso alla liquidità generata dalla casa americana sia, e ancor più, la stessa fusione tra Torino e Detroit, risulta evidente quanto grande sia l’interesse dell’Italia per queste vicende di oltre oceano. Ma poi, nell’agenda Fiat, c’è il grande capitolo che riguarda direttamente l’Italia. Chiamato a rispondere alla crisi che travolgeva le economie, Sergio Marchionne, con il pieno sostegno dell’azionista, ha tirato il freno sugli investimenti in nuovi modelli per il mercato italiano ed europeo sino ad azzerare quel progetto di Fabbrica Italia che lui stesso era andato a illustrare fin dentro alla Camera dei Deputati, abbandonando per un giorno il tradizionale maglione blu per la giacca e la cravatta imposte dalla tradizione parlamentare. Corroborate dalle cifre sulla continua perdita di quote di mercato del gruppo Fiat e dall’ammirazione per i sempre nuovi modelli e per i continui successi delle tedesche Volkswagen, Daimler e Bmw, le critiche al taglio degli investimenti deciso da Marchionne erano state continue e durissime. Col senno di poi, è giusto riconoscere che aveva ragione lui. Il crollo del mercato dell’auto è stato così drammatico e prolungato che gli ingentissimi investimenti necessari per un profondo rinnovamento dei modelli non sarebbero quasi certamente stati premiati da vendite sufficienti ma avrebbero scavato nei conti della Fiat voragini analoghe a quelle che si sono aperte nei bilanci delle francesi Peugeot-Citroen e Renault e della tedesca Opel, costrette a ricorrere all’aiuto le prime due dello Stato francese, la terza della casa madre americana General Motors. I conti dei primi sei mesi dell’anno e che registrano per tutti i produttori risultati finanziari migliori del previsto fanno, tuttavia, pensare che per l’industria europea dell’auto il peggio sia passato. Calcolando il tempo necessario per far arrivare sul mercato un nuovo modello, il momento di tornare ad investire è, dunque, arrivato, anche per la Fiat. Sergio Marchionne ha da tempo elaborato e illustrato una strategia di sviluppo mirata a spostare il gruppo Fiat su modelli più redditizi di quelli, come la Punto, che hanno tradizionalmente costituito il cuore della sua produzione «generalista». Avviato con successo nel campo delle piccole con la «500», straordinario esempio di trasformazione di un’utilitaria in un’auto capace di giustificare un di più di prezzo, il progetto prevede e richiede ora di essere compiutamente realizzato entrando finalmente in diretta concorrenza con le grandi tedesche che hanno sinora dominato incontrastate. È un progetto che porta i nomi della Maserati e, soprattutto, dell’Alfa Romeo. Determinato nel denunciare condizioni industriali che in Italia a suo dire rimangono «impossibili», Sergio Marchionne ha minacciato di spostare fuori dall’Italia la produzione dei prossimi (peraltro ancora indefiniti) modelli dell’Alfa Romeo, avvertendo che la Fiat «ha le alternative per realizzarli ovunque nel mondo». Qui s’innesta il tema delle alleanze internazionali (con una giapponese? Con l’indiana Tata Motors che porterebbe in dote in alto Land Rover e Jaguar e in basso la piccola Nano?), indispensabili per portare la Fiat nel novero dei grandissimi produttori su scala mondiale.

Un’Alfa Romeo prodotta fuori dall’Italia non sarebbe, però, un’autentica Alfa Romeo. Come il «made in Germany» è componente essenziale del prestigio e del successo delle Audi, delle Bmw e delle Mercedes, così il «made in Italy» è elemento costitutivo di quel fascino dell’auto italiana che ha nel mito della Ferrari la sua espressione più alta. Peraltro, senza l’Alfa Romeo, cioè senza gli investimenti del gruppo Fiat, l’Italia rischierebbe grosso. Con l’Inghilterra che, con otto stabilimenti tutti posseduti da compagnie straniere, si è ormai imposta come base di produzione e di esportazione e che nel Royal College of Art di Londra ha la più prestigiosa scuola di design automobilistico su scala mondiale e con la Germania della quale è quasi superfluo parlare, per l’Italia il pericolo di perdere il ruolo di «terra dei motori» è un pericolo concreto. Maranello da sola non può bastare. La Fiat serve all’Italia. E l’Italia serve alla Fiat. Il tempo a disposizione per tradurre queste convergenti necessità in un concreto progetto di sviluppo è limitato. Un «semestre di fuoco»?

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ERGO-UAS e impatto sull’organizzazione del lavoro

Categories: Science, Science 2 | Posted by: Gabriele Caragnano

Alcune pubblicazioni sembrano identificare il modello ERGO-UAS come l’origine di tutti i mali degli stabilimenti FIAT. Il concetto utilizzato è sempre lo stesso: ERGO-UAS aumenta i ritmi di lavoro e genera ulteriori problemi di salute ad una popolazione operaia già afflitta da mille problemi ed in graduale invecchiamento.

In qualità di sviluppatore ed ideatore del modello ERGO-UAS (insieme al collega Ivan Lavatelli) vorrei fornire un’informazione più corretta e in linea con lo spirito di imparzialità che contraddistingue la Fondazione ERGO-MTM Italia. ERGO-UAS è un modello scientifico per il controllo dei carichi di lavoro e della produttività pensato per essere uno strumento equilibratore tra le esigenze di maggior produttività dell’azienda e quelle di maggior protezione della salute dei lavoratori. Nella mia esperienza di ingegnere ricercatore ho appreso subito che per conoscere e controllare un processo è necessario saperlo misurare. Ebbene ERGO-UAS è un modello di misura di grandezze molto importanti e difficili da inquadrare: il lavoro ed il correlato carico di fatica (carico biomeccanico). Le basi di riferimento non sono nostre invenzioni. Vengono utilizzati parametri internazionali descritti da illustri testi di ingegneria industriale, di medicina del lavoro e da norme di standardizzazione ISO.

L’utilizzo serio e sistematico di ERGO-UAS porta a incrementi di produttività nel pieno rispetto dei limiti umani, superando di fatto paradigmi e luoghi comuni che vedono produttività ed ergonomia in netta contrapposizione. Definire, identificare e misurare i fattori di rischio legati ad una lavorazione manuale consente di abbinarvi in modo ottimale una risorsa umana, facendo leva sulle sue capacità lavorative piuttosto che escludendola per le sue limitazioni (caso dei lavoratori RCL, a Ridotte Capacità Lavorative).

Da quando il modello ERGO-UAS è stato adottato dagli stabilimenti FIAT Auto l’attenzione all’organizzazione del lavoro e all’ergonomia è triplicata con effetti evidenti agli occhi di un qualsiasi osservatore: ritmi di lavoro omogenei e basati su valori medi europei, eliminazione graduale di posture scomode, riduzione degli sforzi e migliore distribuzione delle pause. Vedere Pomigliano per credere.

Le polemiche sollevate da molti osservatori inesperti fanno leva sul fatto che rispetto al passato in qualche caso a seguito dell’introduzione del modello ERGO-UAS i ritmi di lavoro sono aumentati e le pause ridotte. Non credo che questo debba essere il punto di discussione. La questione centrale è se l’obiettivo fissato dal nuovo modello di organizzazione del lavoro sia equo o no. Noi abbiamo tutti i fatti, le cifre e le prove che questo livello sia corretto e sicuro e siamo pronti a dimostrarlo a chiunque voglia confrontarsi seriamente sul piano squisitamente tecnico-scientifico. Detto ciò, se la situazione competitiva di partenza è arretrata rispetto al punto posto come obiettivo, è logico e ragionevole attendersi un aumento di tutti quei fattori che limitano la competitività dell’impianto (metodi di lavoro, rendimento ed efficienze), nella piena garanzia che domani si produrrà di più ma in modo più sicuro ed efficace. Questa è la via della buona produttività

 

Gabriele Caragnano

Direttore Generale Fondazione Ergo-MTM Italia

Fondazione Ergo-MTM Italia

Sede legale: via Orrigoni 8 | 21100 | Varese

Sede operativa: via Procaccini 10 | 21100 | Varese

Tel.        +39 0332 239 979

www.ergo-mtm.it

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Lettera del Direttore Gabriele Caragnano al Senatore Giorgio Airaudo

Categories: Science | Posted by: Gabriele Caragnano

5 luglio 2013

 

Airaudo: “Torni la pace in fabbrica basta estremismi, anche della Fiom”

Intervista Giorgio Airaudo, La Repubblica del 5 luglio 2013

Gentilissimo Giorgio

Leggo con piacere la tua intervista su La Repubblica di oggi dal titolo assai promettente “Torni la pace in fabbrica basta estremismi, anche della Fiom”. Condivido in pieno la tua speranza che si abbandonino le posizioni estremiste e si incominci davvero a costruire un rapporto di collaborazione per il perseguimento di obiettivi comuni e condivisi. Confesso di essere stato a lungo deluso e preoccupato per tutto quanto accaduto negli ultimi tre anni tra l’azienda Fiat e la FIOM e ora ho la speranza che si possa voltare pagina ed uscire dalle sedi giudiziarie per entrare nelle fabbriche e tornare a produrre auto di qualità in modo competitivo.

Io sono solo un tecnico e, avendo avuto la fortuna di lavorare per molti anni a stretto contatto con le case automobilistiche tedesche, ho potuto sintetizzare lo spirito creativo italiano con l’approccio strutturato teutonico. Ne è nata una filosofia che sintetizzerei nel motto “fare le cose bene dalla prima volta”. Ciò comporta un maggiore investimento nella fase iniziale di un progetto, in modo da prevedere ogni potenziale rischio (finanziario, operativo, ergonomico) nella fase progettuale ed evitare grossi problemi una volta che la produzione di serie abbia inizio. Da questo cilindro di idee ne è scaturita una particolarmente valida: integrare la valutazione dei carichi di lavoro nella progettazione dei metodi. Tutto ciò ha un nome: ERGO-UAS (sigla poco attraente ma figlia delle tecniche che la compongono). ERGO significa ergonomia, ovvero lo studio dell’interazione tra uomo e macchina (una linea di montaggio è una macchina); UAS indica una tecnica di analisi che definisce i tempi di lavoro sulla base di standard internazionali (UAS è la metrica più utilizzata al mondo, soprattutto nel settore automobilistico); ERGO-UAS è un sistema integrato che, unendo aspetti medici a elementi ingegneristici, assegna i compiti lavorativi a ciascun operaio di una linea di montaggio e definisce quali e quanti debbano essere i periodi di recupero dalla fatica fisica (pause).

L’idea è davvero innovativa, tant’è che tutto il mondo ci sta studiando ed inizia ad imitarci. Si pensi ad esempio al fatto che il sistema di valutazione ergonomico insito in ERGO-UAS (denominato Ergonomic Assessment Work-Sheet – EAWS) è stato immediatamente adottato anche dall’intero gruppo VW in tutto il mondo. La nostra Fondazione si sta occupando della formazione degli istruttori aziendali VW in modo che questi possano a loro volta addestrare i loro tecnici. Oggi Fiat è il gruppo automotive più avanzato al mondo sul tema dell’organizzazione del lavoro, soprattutto per l’enorme attenzione che viene posta nella fase progettuale dei nuovi prodotti all’ergonomia e quindi, in ultima analisi, alla salute dei lavoratori.

Nonostante tutte queste buone notizie, la guerra FIOM – Fiat ha spazzato via ogni cosa. Siccome davanti ad un’innovazione è molto più facile dimostrare che questa non funzioni piuttosto che il contrario, si è utilizzato in modo strumentale qualsiasi argomento per distruggere l’iniziativa di ridisegnare un accordo specifico sull’organizzazione del lavoro basato su questi concetti innovativi (ERGO-UAS). Ad un certo punto abbiamo letto su molti giornali e assistito a trasmissioni televisive in prima serata sui principali canali nazionali in cui sedicenti esperti di organizzazione e medicina del lavoro sostenevano che il sistema ERGO-UAS (erroneamente identificato come “il sistema Fiat”) stritolava gli operai!

Mi auguro davvero che voltar pagina possa portare a riconsiderare il modello Fiat di organizzazione del lavoro, che oltretutto è in fase di rapida diffusione in molte altre aziende italiane senza la alcun minima polemica. Non chiediamo che il nostro modello venga accettato dogmaticamente. Vorremmo lavorare insieme a tutte le parti per condividere le scelte progettuali e rendere il sistema sempre migliore. In fondo questa è proprio la nostra “mission impossibile”: costituire una piazza neutrale in cui azienda, sindacato ed università possano incontrarsi per fare innovazione riguardante il tema della Produttività del Lavoro (la Buona Produttività). Ad oggi solo FIOM tra le organizzazioni sindacali metalmeccaniche non ha aderito al progetto. Aderire non significherebbe accettare ciecamente ogni cosa. Al contrario, consente ai membri aderenti di discutere ed influenzare il lavoro di ricerca e formazione svolto dalla Fondazione. Riuscire a condividere in Italia una piattaforma tecnica internazionale su metrica del lavoro, valutazione dei rischi da carico biomeccanico e gestione delle pause significherebbe liberare una tale quantità di risorse (in Fiat, ma soprattutto nelle PMI) da assicurare un boom di produttività incredibile e nel pieno rispetto per la salute dei lavoratori.

Chiudo questo mio messaggio col rinnovarti l’invito a partecipare anche quest’anno alla nostra tradizionale Conferenza Nazionale sulla Produttività (17 ottobre a Torino), che quest’anno sarà prevalentemente indirizzata alle PMI, che così fortemente hanno necessità di recuperare tanta Buona Produttività. Sarebbe un onore ed un piacere riaverti tra noi anche quest’anno come protagonista del dibattito.

Cordialmente,

Gabriele Caragnano

Direttore Generale Fondazione Ergo-MTM Italia

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