Fabbriche globali. Un confronto fra Torino e Detroit

Esce nelle librerie, pubblicato dalla casa editrice Il Mulino, il libro “Fabbriche globali. Un confronto fra Torino e Detroit” di Andrea Signoretti.

Proponiamo una bella recensione fatta dal Prof. Berta sul quotidiano LaRepubblica.

Riportiamo di seguito la Premessa scritta da Gabriele Caragnano, direttore della Fondazione.

 Premessa

Ragionare oggi sul tema dell’organizzazione del lavoro, soprattutto nell’ambito industriale-manifatturiero è strategicamente rilevante, perché è un elemento che va ad impattare sui livelli di produttività, di competitività aziendale e sulla qualità stessa del lavoro degli operai.

A questa sono strettamente connessi molteplici aspetti che vanno dalle scelte e dalla visione del management, all’organizzazione degli stabilimenti fino al modo di lavorare interno alla fabbrica.

Nell’attuale contesto competitivo è importante che ogni azienda e i suoi manager tendano al miglioramento continuo e che siano orientati ad approcciare forme di lavoro nuove e moderne.

Indubbiamente il settore dell’automotive oggi sta radicalmente cambiando il concetto di fabbrica, ha saputo rinnovarsi negli anni. Negli anni 60 visitando uno stabilimento si osservavano operai in tuta blu che lavoravano in ambienti poco curati e studiati, ora non è più così. Oggi alcuni stabilimenti sembrano atelier di alta moda, gli operai sono vestiti di bianco, gli ambienti sono colorati e puliti, il lavoro è organizzato in piccoli gruppi di persone con un team leader…

Questa è la via della buona produttività che apprezzo e a cui tutta l’industria italiana dovrebbe tendere. L’importanza del lavoro dell’uomo all’interno di una qualsiasi realtà industriale è vitale per l’azienda stessa e per questo deve essere valorizzata sotto tutti i punti di vista. Tutto dipende dall’organizzazione del lavoro: da come si progetta il prodotto, a come si sviluppa il processo produttivo; da come si esegue la produzione a come si fornisce l’assistenza post vendita. 

Mi piace sempre ricordare il concetto di Buona Produttività. Buona significa innanzitutto che parte dal basso e la produttività è costruita progettando ogni singola azione, tenendo conto delle capacità umane (velocità, precisione, sforzo, fatica e addestramento) e del contributo di valore che viene generato. Definite e progettate le “buone” azioni, successivamente è essenziale saper comporre il puzzle e integrare ognuna di esse in modo armonioso e sincronizzato per la realizzazione di un flusso produttivo efficiente e sicuro. Tutto ciò non è fantasia ma l’essenza di qualsiasi sistema produttivo World Class, Lean o che dir si voglia (noi italiani amiamo le etichette).

Ciò mette in evidenza l’importante ruolo del lavoratore che sempre più dovrebbe essere visto come fonte di vantaggio competitivo, da coinvolgere e valorizzare.

Questo libro ha un duplice lato interessante: oltre al pregio di confrontare due mondi considerandone anche tutto il contesto sociale, culturale, sindacale, le differenze legate a sistemi di welfare diversi; entra nella fabbrica e ne analizza i processi, le linee, le stazioni di lavoro, le scelte organizzative evidenziando tutti quegli elementi chiave che sono alla base dell’organizzazione del lavoro e sui quali è sempre importante prestare la massima attenzione.

Un libro di indubbio interesse sociale che porta dati ed evidenze intorno al mondo degli operai nelle fabbriche, al loro ruolo, alle loro scelte e al modo di lavorare.

Ricordando ancora una volta che il mancato adeguamento delle strutture organizzative, il limitato coinvolgimento attivo di tutte le risorse umane in azienda può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso di una azienda, voglio evidenziare che il mondo del lavoro del futuro parte proprio da queste analisi e dalla valorizzazione di tutti gli elementi trattati in questo libro.

 

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