L’editoriale di Gabriele Caragnano

Sta davvero accadendo qualcosa di importante nella cultura del lavoro in Italia? A giudicare dalla cronaca dell’anno che si è appena concluso mi pare proprio di sì.

Il ballo degli operai della Fiat di Melfi sulle note di Happy ha scatenato come prevedibile reazioni contrastanti, specchio delle divisioni che riemergono ogni volta che nel nostro Paese si parla di occupazione. Come sempre però un’immagine può essere più potente di molte parole e quel video ci dice, come l’amico Diodato Pirone ha sintetizzato efficacemente sulle pagine del Messaggero, che “In Italia esiste un popolo delle fabbriche attivo, non rassegnato, deciso a ribadire che il lavoro italiano non è secondo a nessuno nel mondo”.

Il cambiamento ha bisogno spesso di processi lenti ma la crisi in questi casi può svolgere un importante ruolo di acceleratore delle decisioni. Accade nell’impresa e a quanto pare accade anche nella politica. Il varo del “Jobs Act” è sicuramente uno dei fatti più rilevanti di questo 2014. Al di là delle polemiche strumentali sull’articolo 18, il provvedimento ha il merito di inquadrare il nuovo contratto a tutele crescenti in un contesto di regole chiare che sicuramente ne amplificheranno gli effetti positivi. Le parole di Franco Bentivogli non lasciano dubbi su questo. Commentando l’annuncio di Fiat che prevede 1500 nuovi occupati a Melfi nel 2015, il segretario della FIM CISL parlando del Jobs Act ha detto: “Ora ci aspettiamo che i mezzi d’informazione abbiano il coraggio di riesaminare i giudizi avventati e la disinformazione dilagante completamente slegata dalla realtà”. E rimaniamo quindi alla realtà.

Il 2014 è stato l’anno dell’avvio della produzione a Melfi di Jeep Renegade, un traguardo importante preceduto da un lungo lavoro di preparazione al quale la Fondazione ha contribuito ridisegnando insieme a ingegneri e a operai il sistema di gestione del lavoro in linea. Il 2014 è stato anche l’anno dell’annuncio del ritorno di Prada in Italia, con un piano industriale che prevede l’apertura di quattro nuovi stabilimenti; un bel segnale che ci dice un’altra cosa importante: si può essere un’impresa globale restando (o tornando) in Italia.

Se la crisi ci ha aiutati a ristabilire le priorità e a guardare con più lucidità alla nostra manifattura, la ripresa (che questi segnali sembrano – lo speriamo – preannunciare), dovrà consolidare questi risultati.

Una nuova cultura industriale è dunque possibile e si sta facendo strada con i fatti. Certo restano sul tavolo questioni ancora irrisolte, prima fra tutte quella dell’assenteismo. I dati diffusi da Confindustria sono eloquenti: l’assenteismo nelle aziende associate è al 6,5%, troppo per il secondo paese manifatturiero in Europa. Niente, più di questi numeri, ci ricorda ancora una volta che la buona produttività nasce dal basso e ci conferma quanto possa essere propulsivo il ruolo della nostra Fondazione come luogo ideale di incontro per tutti gli attori del mondo del lavoro: sindacati, imprese, università.

La Fondazione Ergo-MTM Italia, coerentemente con i propri valori, apre il 2015 scommettendo ancora una volta sul futuro della cultura industriale in Italia con un nuovo progetto: il Club della Produttività, un’iniziativa che mira a coinvolgere imprese di ogni settore in un processo di confronto sistematico della propria produttività rispetto a standard internazionalmente riconosciuti. Questo scoprirà molti veli: quelli di chi vuole nascondere gli effetti dei propri errori dietro a fattori macroeconomici; quelli che coprono realtà virtuose e pronte ad accogliere multinazionali straniere nel nostro amato Paese. Ve ne parleremo molto presto.

 

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